Stanno portando al fallimento migliaia di commercianti di veicoli, aiutaci a farlo sapere!

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Lanciata
12 giugno 2018
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Lanciata da Sergio de Rota

Mi chiamo Sergio de Rota e sono un piccolo commerciante di veicoli usati. Negli ultimi anni la mia categoria, fatta di migliaia di piccoli imprenditori, famiglie e collaboratori, ha subito ripetute variazioni normative che hanno progressivamente aggiunto esasperante burocrazia, costi insostenibili, difficoltà operative e taglio di qualsiasi competitività, fino ad arrivare ai due ultimi provvedimenti che entro il 31 dicembre 2018 potrebbero significare la resa di molti di noi. Si è cominciato nel 2011 con un decreto che ha aumentato i costi, peraltro già oltre qualunque media europea, dei passaggi di proprietà dei veicoli destinati alla rivendita, decisione presa in condizioni di emergenza ma che ha sicuramente prodotto molte più transazioni non dichiarate. Nel 2014 a seguito di un parere favorevole del Ministero della Giustizia circa l’interpretazione dell’art.103 del CdS, su evidenti sollecitazioni di parte il Pubblico Registro Automobilistico ha normato in modo illogico e arbitrario le procedure di radiazione dei veicoli destinati ai mercati esteri, europei e non. Anche in questo caso in modo totalmente difforme da qualunque altro paese comunitario, dove vige di massima il principio opposto, che un veicolo va radiato prima di esportarlo e non dopo. Già questa prima decisione ha penalizzato tutti coloro che esportavano in paesi dove è obbligatorio, oltre che di buon senso, presentare i documenti di un veicolo radiato e senza targhe, e non perfettamente circolante nella piena responsabilità civile dell’ultimo proprietario come avviene in Italia. Con il Decreto Legislativo n.98 del 29 maggio 2017 le già citate sollecitazioni di parte hanno fatto introdurre un articolo, il numero 5, a dir poco illiberale e contrario a qualsiasi principio di libero mercato: per procedere alla radiazione per esportazione di un qualsiasi veicolo sarà richiesta una revisione con esito regolare negli ultimi 6 mesi. Tradotto per i non addetti ai lavori chiunque commerci in veicoli incidentati, da restaurare, camion, rimorchi o autobus destinati a cantieri esteri, importi o esporti fuori dai canali ufficiali delle case costruttrici può cominciare a pensare di cambiare lavoro. Anche il semplice privato sarà penalizzato rispetto a qualsiasi altro cittadino europeo in caso di opportunità di vendita all’estero. Tutto ciò non ha nulla a che vedere con la tutela dell’ambiente o della sicurezza stradale. In qualunque paese comunitario vigono precise norme e controlli sull’efficienza dei veicoli, per quale motivo l’Italia deve farsi paladina di revisioni con scadenze arbitrarie già previste nei paesi di destinazione? Perché un veicolo da riparare può essere venduto ad una officina Italiana ma non ad una straniera? Bene, questa norma è slittata al 1 gennaio 2019, ma manca poco. Però una circolare esplicativa del Ministero delle Infrastrutture successiva all’emanazione del Decreto 26 marzo 2018 ricorda e obbliga ad importare veicoli solo con annotata la radiazione per esportazione, in palese contrasto con le appena citate norme applicate in Italia che limitano le possibilità di radiazione. Ma non è finita. Dallo scorso 30 marzo il Ministero degli Interni, a seguito di richiesta di parere da parte del Prefetto di Arezzo, ha dichiarato che le targhe di prova possono essere utilizzate solo su veicoli nuovi, quelli usati devono essere assicurati. Dopo decenni in cui la targa prova è sempre stata rilasciata e usata da tutti i rivenditori di usato una notizia del genere è sconfortante. Ora si attende il parere del Consiglio di Stato, ma se dovesse essere avverso noi tutti operatori dovremmo, per poterle spostare, assicurare le auto destinate alla rivendita, con dei costi che spesso superano l’utile auspicabile. Oppure ci dovremmo strutturare con carri attrezzi, officine, carrozzerie e gommisti interni, piste di prova per i Clienti, ecc. O ancora comprando e vendendo alla cieca veicoli senza nemmeno provarli, ma obbligati per legge a darne garanzia. Anche perché nel frattempo la Sentenza della Cassazione n.16310 del 4 agosto 2016 aveva già stabilito che l’uso della targa di prova (quindi parliamo esclusivamente di operatori autorizzati) non esonerava dall’essere in regola con la revisione periodica; quindi un qualunque veicolo, dal ciclomotore all’autobus, rimasto disgraziatamente senza revisione può essere spostato, portato in riparazione o in revisione solo al traino. E anche un’officina di riparazioni non può provarlo su strada prima della revisione, logico… Però le auto che circolano in Italia con targhe estere possono non essere assicurate e sanzionate, come stabilito dal Ministero dell'Interno in una nota del 3 aprile 2017 avente a oggetto l'applicazione dell'art. 193 del Codice della Strada a veicoli immatricolati in diverso Stato UE, ma continuativamente stazionanti nel territorio italiano per il principio della cosiddetta "copertura presuntiva"…. Tutto insostenibile per le nostre piccole realtà. Montagne di denari, iva, tasse ed economia alle ortiche. E posti di lavoro, tanti. Dietro tutto ciò, senza essere complottisti, è legittimo pensare che ci siano gli interessi di quelle categorie che preferiscono azzerare il valore dei veicoli usati, in acquisto o vendita che sia, per poter recuperare le materie prime  da reimpiegare sui mezzi nuovi ed ecologici, da acquistare meglio senza permuta, ma con prezzi che oggi non sono accessibili alla maggior parte dei cittadini che non sono ancora usciti dalla crisi. Da decenni sento sostenere che lo svecchiamento del parco circolante e l’abbattimento del valore dell’usato si ottengono in un solo modo, aumentando il numero medio di passaggi di proprietà dei veicoli. Ma l’ho sempre sentito, e visto applicare in termini di costi, burocrazia e supporto all’economia, solo all’estero. Se pensate che tutto ciò debba essere oggetto almeno di un’attenta riflessione vi prego di sottoscrivere, grazie.

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